Benvenuti sul blog di ForLife, lo studio specializzato in successioni ereditarie. Oggi affrontiamo un tema delicato: la cosiddetta “rinuncia contrattuale” all’eredità. Vedremo quando la legge la ammette e con quali conseguenze, approfondendo le ipotesi previste dagli articoli 519 e 478 del Codice Civile.

Rinuncia contrattuale all’eredità: i casi previsti dalla legge
In linea generale, la rinuncia all’eredità è un atto unilaterale e non recettizio: il chiamato comunica la propria volontà di non accettare, senza che serva il consenso di altri. Tuttavia, ci sono situazioni in cui la rinuncia assume una connotazione “contrattuale” per la legge.
Ecco i principali casi:
Art. 519, comma 2, c.c.: rinuncia “gratuita” a favore di tutti i chiamati in subordine.
Art. 478, c.c.: rinuncia “gratuita” a favore di alcuni soltanto dei chiamati, o anche a favore di estranei.
Art. 478, c.c.: rinuncia all’eredità verso corrispettivo (rinuncia onerosa).
Vediamo come funzionano nel dettaglio.
Rinuncia “gratuita” a favore di tutti i chiamati (art. 519, comma 2, c.c.)
Rinuncia abdicativa e non “donativa”
Quando il chiamato dichiara di rinunciare all’eredità “a favore” di tutti coloro a cui la quota sarebbe devoluta, sta semplicemente abdicando al diritto di accettare. È come dire: “Non desidero la mia quota, che andrà automaticamente a chi è dopo di me”.
L’atto mantiene la natura unilaterale e non diventa un contratto fra più soggetti.
Non è un gesto di donazione: è soltanto l’espressione di volontà di non acquisire l’eredità.
Esempio: Caio, chiamato all’eredità di Tizio, afferma “rinuncio all’eredità a favore di Sempronio e Mevia”. È la stessa cosa che dire “rinuncio all’eredità” e basta, perché la rinuncia è comunque un atto abdicativo. Non si crea alcun vincolo contrattuale con Sempronio o Mevia.
Differenza con la donazione dei diritti successori
Se il chiamato volesse donare i suoi diritti sull’eredità (art. 477 c.c.) a qualcuno, ciò comporterebbe l’accettazione implicita dell’eredità (accettazione tacita) da parte sua. La volontà sarebbe dispositiva – e non abdicativa – perché presuppone che il donante acquisti prima quei diritti per poi trasferirli a terzi.
Rinuncia “a favore di alcuni soltanto” dei chiamati (art. 478 c.c.)
Quando la rinuncia non è fatta a vantaggio di tutti i chiamati in subordine, bensì solo di alcuni o addirittura di estranei, la legge qualifica quell’atto come traslativo e non abdicativo. Perché?
L’art. 478 c.c. specifica che rinunciare “a favore di alcuni” implica accettazione dell’eredità.
È come se il chiamato, una volta acquisiti i diritti ereditari, li cedesse a quei soggetti specifici, in maniera simile a una donazione o a una cessione contrattuale.
Esempio: Tizio muore, lasciando eredi la moglie e i figli. Se uno dei figli “rinuncia all’eredità a favore della madre”, in realtà sta cedendo la sua quota alla madre, con un effetto traslativo e non semplicemente abdicativo.
Rinuncia verso corrispettivo (art. 478 c.c.)
Questa ipotesi, detta anche “rinuncia onerosa”, si verifica quando il chiamato riceve un compenso (in denaro o in altra forma) per dichiarare di non voler accettare l’eredità.
Non si tratta di una vera compravendita, perché – formalmente – il rinunciante dice “no” all’eredità.
La legge, però, considera questa “rinuncia” come un atto dispositivamente interpretato: in altre parole, scatta l’accettazione tacita dell’eredità, perché il chiamato sta sostanzialmente “monetizzando” il suo diritto.
Esempio: Caio, chiamato all’eredità di Tizio, dichiara di rinunciare dietro pagamento di 50.000 euro da parte di Sempronio. Formalmente sembra una rinuncia, ma di fatto Caio sta trattando il proprio diritto ereditario come un bene da cedere, e ciò corrisponde a un’accettazione seguita da cessione.
Conclusioni: perché è importante distinguere fra atto abdicativo e dispositivo
È essenziale capire se la rinuncia è meramente abdicativa o diventa, di fatto, un negozio dispositivo e contrattuale, perché:
In caso di rinuncia abdicativa (art. 519, comma 2), il rinunciante non assume la qualità di erede e non risponde di eventuali debiti ereditari.
In caso di rinuncia “parziale” o onerosa (art. 478 c.c.), il chiamato accetta l’eredità implicitamente, diventando erede con tutte le conseguenze economiche e giuridiche (anche in termini di responsabilità).
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