Che cos’è il legato di usufrutto e come funziona nell’eredità?
- sofiazanelotti
- 3 giorni fa
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Quando si parla di successione ereditaria, uno degli istituti più interessanti e spesso poco compresi è il legato di usufrutto. Molti lo associano alla possibilità di vivere in una casa lasciata dal defunto o di utilizzare un bene senza diventarne pienamente proprietari. Ma le regole sono più articolate, ed è bene chiarirle con esempi pratici.

Il legato di usufrutto: di cosa si tratta
Il pieno proprietario di un bene può decidere, con testamento, di lasciare a qualcuno non la proprietà, ma il solo diritto di usufrutto. In pratica, il beneficiario (detto legatario) non diventa proprietario, ma può utilizzare il bene e goderne i frutti: ad esempio, abitarci o percepire i canoni di affitto.
L’usufrutto può essere vitalizio (dura tutta la vita dell’usufruttuario) oppure avere una durata determinata, ma la legge (art. 979 c.c.) stabilisce che non può mai superare la vita di chi ne beneficia.
Si può lasciare in eredità un usufrutto che non ci appartiene più?
La regola generale dice di no: se una persona ha solo il diritto di usufrutto, non può trasmetterlo alla propria morte, perché si estingue con lei. Ma c’è un’eccezione particolare.
Immaginiamo che Tizio abbia concesso a Caio l’usufrutto vitalizio di un appartamento. Caio, a sua volta, lo cede a Sempronio. Ebbene, alla morte di Sempronio il diritto non si estingue, perché è agganciato alla vita di Caio: finché Caio è in vita, l’usufrutto esiste. In questo caso, Sempronio potrebbe persino disporne con testamento, lasciandolo a un terzo.
Il legato di usufrutto a più persone
Cosa accade se il testatore lascia l’usufrutto a più beneficiari? La legge (art. 678 c.c.) distingue due scenari:
se è previsto il diritto di accrescimento, quando uno dei legatari muore, la sua quota si somma a quella degli altri;
se l’accrescimento non è previsto, la parte rimasta vacante si consolida con la proprietà, tornando al proprietario.
Un esempio pratico: Tizio lascia l’usufrutto della sua casa ai due figli, Caio e Sempronio. Se è previsto l’accrescimento, alla morte di Caio l’intero usufrutto spetta a Sempronio. Se non è previsto, la metà di Caio torna al proprietario del bene.
Quando il testatore ha solo la nuda proprietà
C’è un altro caso interessante. Supponiamo che Tizio, in vita, abbia concesso a Caio l’usufrutto vitalizio di un immobile, riservandosi la nuda proprietà. Tizio, con testamento, decide di lasciare l’usufrutto a Sempronio.
All’apertura della successione, Tizio non è titolare di quell’usufrutto (perché è ancora in capo a Caio). Tuttavia, alla morte di Caio, l’usufrutto tornerà automaticamente a Tizio (o meglio, ai suoi eredi) grazie alla cosiddetta vis espansiva della proprietà. Ecco perché il legato è valido: l’usufrutto a favore di Sempronio scatterà quando morirà Caio.
L’usufrutto universale: erede o legatario?
Infine, un tema molto discusso: se il testatore dispone l’usufrutto su tutti i suoi beni, il beneficiario deve essere considerato erede o semplice legatario? La dottrina non è unanime, e la questione rimane aperta. È un esempio che mostra come il diritto
successorio non sia fatto solo di regole nette, ma anche di interpretazioni e sfumature.
Conclusioni
Il legato di usufrutto è uno strumento prezioso per garantire a un familiare o a un’altra persona la possibilità di utilizzare un bene, senza privare del tutto gli eredi della proprietà. Può diventare un utile compromesso nelle famiglie in cui si vogliono conciliare diverse esigenze.
Se stai pensando di inserire un usufrutto nel tuo testamento o se sei chiamato a gestirne gli effetti come erede, è fondamentale chiarire bene le implicazioni legali. Ogni caso può avere varianti delicate che meritano un’analisi professionale.
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