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Come fare il testamento biologico (DAT) in Italia?

  • sofiazanelotti
  • 21 lug
  • Tempo di lettura: 3 min

Immagina di poter decidere in anticipo – con assoluta lucidità – quali terapie accettare o rifiutare se un domani non potessi più esprimerti. È qui che entra in gioco il testamento biologico, o DAT: uno strumento di libertà che tutela la tua dignità quando le circostanze tolgono voce al tuo consenso informato.

dat

Che cos’è (e cosa non è) il testamento biologico

A dispetto del nome, non si tratta di dividere eredità.

Nel testamento biologico la “sorte” riguarda il corpo, non i beni. Chi lo redige stabilisce – oggi per domani – se vuole idratazione artificiale, ventilazione meccanica o altri trattamenti invasivi in caso di malattia irreversibile o lesione cerebrale grave.

Nei Paesi anglosassoni lo chiamano living will, volontà del vivente.


Il cuore della legge 219/2017

Dal 31 gennaio 2018 la legge 219/2017 sancisce che nessuna terapia può iniziare o proseguire senza un consenso libero e informato. L’articolo 1 rafforza un principio semplice: comandano l’autodeterminazione e la dignità della persona. Da qui nascono le disposizioni anticipate di trattamento, con cui chiunque – maggiorenne e capace – può lasciare istruzioni su esami, cure o singoli interventi da rifiutare o pretendere.


Come si redige una DAT

Chiunque abbia compiuto diciott’anni e sia capace di intendere e di volere può mettere nero su bianco le proprie disposizioni anticipate: la legge non fa distinzioni di cittadinanza, stato civile o condizione di salute attuale, chiede solo lucidità e volontà libera.

Il primo bivio è la forma: davanti a un notaio, la DAT diventa un atto pubblico con data certa e la sicurezza che, in caso di contestazioni, il documento resiste senza fatica; l’onere economico, però, è maggiore e scoraggia chi predilige soluzioni snelle.

Molti scelgono la scrittura privata autenticata: il notaio certifica firma e identità, riducendo i costi ma lasciando intatta la solidità giuridica.

C’è poi la via del Comune: si redige una semplice dichiarazione e la si consegna all’Ufficiale di Stato Civile, che la protocolla gratuitamente; è accessibile a tutti, ma, in assenza di un controllore terzo, la data può essere più vulnerabile a contestazioni (anche se, nella pratica, il problema emerge di rado).


Una volta redatta, la DAT deve “arrivare” a destinazione: se resta nel cassetto del disponente rischia di non essere reperita in tempo. Il notaio la conserva nel proprio archivio; lo Stato Civile la custodisce nella cartella del cittadino; in entrambi i casi, su richiesta del medico curante o del fiduciario essa viene trasmessa in breve tempo.


Dal 2020 la banca dati nazionale accentra le registrazioni regionali, così che un sanitario di Milano possa accedere alla DAT di un paziente di Cagliari anche di notte, riducendo i tempi di ricerca.


Ogni forma ha pro e contro: l’atto notarile offre massima certezza ma un costo non trascurabile; il deposito comunale è gratuito e rapido ma dipende dalla buona organizzazione dell’ufficio; la banca dati nazionale estende la reperibilità, tuttavia non sostituisce il documento originario, che resta essenziale per verificare eventuali revoche.


In emergenza, la legge consente persino una videoregistrazione raccolta da un medico con due testimoni: soluzione estrema, utile quando il tempo scarseggia, ma meno robusta sul piano probatorio.


In ogni caso, la forza della DAT risiede nel fatto di essere conosciuta: parlarne con il proprio fiduciario e con i familiari è il modo migliore per trasformare un testo giuridico in una vera tutela della propria dignità.


Il ruolo (delicato) del fiduciario

Nominarne uno è facoltativo, ma spesso risolutivo. Il fiduciario dialoga con i medici quando il paziente non può più farlo. Se le terapie nuove rendono superate le volontà scritte, fiduciario e medico possono adattarle insieme. Nel raro caso di dissenso, decide il Giudice Tutelare. Affidarsi a una persona di piena fiducia – informata e serena – rende la DAT un documento vivo, non un modulo rigido.


Un mini-caso che fa riflettere

Tizio, 52 anni, escursionista appassionato, teme le conseguenze di un grave trauma cranico. Durante una vacanza firma una DAT davanti al notaio: “no a idratazione e nutrizione artificiali se condannato a vita vegetativa”. Due anni dopo, un incidente in montagna lo riduce in coma irreversibile. Il suo fiduciario, Caio, consegna la DAT all’ospedale, i medici sospendono i trattamenti invasivi e consentono cure palliative.

La volontà iniziale di Tizio diventa realtà senza contenziosi familiari.


Conclusione

Il testamento biologico non è un gesto estremo, ma un atto di responsabilità verso se stessi e verso chi ci ama. Mettere per iscritto le proprie scelte, scegliendo forme e persone di fiducia, significa alleggerire i famigliari da decisioni dolorose e garantire coerenza tra i propri valori e le cure ricevute.


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