Divisione ereditaria con conguaglio: quando scatta l’imposta del 9%?
- sofiazanelotti
- 10 lug
- Tempo di lettura: 3 min
Cosa succede se un erede riceve più del dovuto nella divisione ereditaria? Una recente ordinanza della Corte di Cassazione (n. 15443/2025) conferma un principio tanto tecnico quanto insidioso: se il conguaglio supera il 5% della quota ereditaria, scatta l’imposta proporzionale del 9%, come se si trattasse di una compravendita.
Vediamo meglio cosa significa tutto questo, perché è importante e, soprattutto, quali conseguenze fiscali comporta.

Quando la divisione si trasforma in "cessione"
Nel caso affrontato dalla Corte, alcuni eredi avevano ricevuto beni immobiliari di valore superiore alla loro quota di diritto. Per bilanciare la sproporzione, era stato previsto un conguaglio in denaro da versare agli altri coeredi. La questione è se tale operazione, ai fini fiscali, sia una semplice divisione ereditaria o una cessione a titolo oneroso.
La risposta della Cassazione è netta: se la sproporzione supera il 5%, il fisco considera quella parte in eccesso come se fosse una vendita, e applica l’imposta del 9%, anche se il conguaglio non è mai stato pagato.
La regola del 5%: cosa dice la circolare 18/E/2013
L’Agenzia delle Entrate aveva già fornito un chiarimento con la circolare n. 18/E del 29 maggio 2013: se il conguaglio in denaro supera il 5% del valore della quota spettante, la parte eccedente viene equiparata a un trasferimento di proprietà, e come tale tassata.
Questo vuol dire che anche se si sta semplicemente cercando un’equa ripartizione, dal punto di vista fiscale non conta l’intenzione, ma il risultato economico. Se un erede riceve beni di valore più alto, la parte extra è considerata ceduta dagli altri coeredi, e quindi soggetta all’imposta proporzionale.
Il caso concreto: cosa ha deciso la Cassazione
Nel caso trattato, il Tribunale di Cosenza aveva sciolto la comunione ereditaria disponendo l’assegnazione di beni a ciascun erede e stabilendo conguagli in denaro per oltre 112.000 euro. L’Agenzia delle Entrate aveva quindi applicato l’imposta di registro dell’1% sull’intera massa ereditaria e del 9% sul valore dei conguagli.
Dopo un percorso processuale lungo e articolato, la Cassazione ha confermato la correttezza del calcolo dell’Agenzia, ribadendo che:
“Quando a un erede vengono assegnati beni per un valore superiore alla sua quota, il conguaglio rappresenta, per legge, il corrispettivo di una cessione e quindi si applica l’aliquota del 9%.”
Conguaglio “compensativo” o “attributivo”?
Una delle obiezioni sollevate dai ricorrenti era che il conguaglio non avesse natura di corrispettivo, ma fosse solo una forma di compensazione per riequilibrare le quote.
La Corte ha chiarito che in alcuni casi, come quelli previsti dall’art. 720 c.c. (immobili non comodamente divisibili), il conguaglio non ha funzione compensativa, ma attributiva: serve cioè a “tacitare” il valore della quota per chi non riceve beni in natura. E in questi casi, l’imposta proporzionale è dovuta, perché il legislatore considera l’eccedenza come trasferita a titolo oneroso.
Perché questo principio è così rilevante?
Molti eredi pensano che suddividere i beni “tra noi” con qualche aggiustamento in denaro sia un’operazione neutra, fiscalmente parlando. Ma questa sentenza ci ricorda che i conguagli possono diventare molto costosi, se non si rispettano determinate soglie.
E non importa se il denaro non viene effettivamente versato: per il fisco basta che ci sia un’eccedenza per far scattare l’imposta.
Conclusioni: attenzione ai dettagli nella divisione
Quando si affronta una divisione ereditaria, è essenziale valutare con attenzione la composizione delle quote, il valore reale dei beni e l’eventuale presenza di conguagli.
Un errore o una sottovalutazione può trasformare un passaggio formale in una cessione soggetta a un’imposta salata. Ecco perché, in questi casi, è fondamentale affidarsi a un consulente esperto, che sappia leggere tra le righe di una divisione e valutare ogni implicazione fiscale e giuridica.
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