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Revoca della revoca del testamento: cosa succede?

  • sofiazanelotti
  • 10 lug
  • Tempo di lettura: 2 min

A volte la vita cambia idea — e così può fare anche un testatore. Se revocare un testamento è già un gesto potente, la revoca della revoca aggiunge un ulteriore livello di complessità (e di fascino) al diritto successorio: annulla l’annullamento e fa rivivere volontà che parevano scomparse. Vediamo, con esempi concreti, perché questo meccanismo divide dottrina e giurisprudenza e in che modo può cambiare il destino di eredi e legatari.

revoca testamento

Perché si parla di revoca della revoca

Il codice civile (art. 681) recita che «la revocazione totale o parziale di un testamento può essere a sua volta revocata». In altre parole, il testatore può eliminare l’atto con cui aveva cancellato il proprio testamento, riaprendo le porte alle disposizioni originarie. Ma che cosa significa davvero in termini giuridici?


Le due teorie in campo

Primo scenario: la revoca della revoca è un nuovo testamento “per relationem”. Chi scrive «revoco la revoca» starebbe, di fatto, redigendo un testamento identico a quello precedente («lascio i miei beni come da atto del 15 gennaio 2012»).

Secondo scenario, oggi maggioritario: si tratta di un semplice atto revocatorio. Il risultato? La revoca scompare e le disposizioni originarie rivivono retroattivamente, come se non fossero mai state toccate.


Perché la distinzione è cruciale

Immaginiamo che il testatore, quando firmò il primo testamento, fosse incapace di intendere e di volere, ma fosse pienamente capace al momento della revoca della revoca. Se consideriamo quest’ultima un nuovo testamento, la capacità va valutata al momento in cui lo si compie, rendendo dunque valido l’atto. Se invece è soltanto la cancellazione di una revoca, la capacità viene esaminata risalendo al giorno del documento originario — e l’erede rischia di trovarsi con un testamento invalido.


Un caso pratico: il fondo Tuscolano

Facciamo parlare i fatti. Tizio lascia erede Caio e lega il fondo Tuscolano a Sempronio. Qualche anno dopo attribuisce lo stesso fondo a Calpurnia con un secondo testamento, revocando tacitamente la prima disposizione. In seguito revoca l’intero primo testamento e, infine, revoca quest’ultima revoca.

  • Se la revoca della revoca equivalesse a un nuovo testamento, tornerebbe in auge il documento del 2012 e Sempronio riacquisterebbe il fondo, cancellando il legato a Calpurnia.

  • Se è semplice “cancellazione della cancellazione”, rivive l’assetto esistente immediatamente prima dell’ultima revoca: Caio rimane erede e Calpurnia conserva il fondo, perché il secondo testamento non era stato toccato.

Un dettaglio tecnico? Forse. Ma può valere milioni.


È possibile revocare qualunque revoca?

Sì, perfino quella tacita. Pensiamo alla vendita di un bene già legato: basta revocare la revoca tacita (e, se il bene non è rientrato nel patrimonio, rispettare le formalità dell’art. 651). Più complesso il caso del testamento olografo distrutto: la revoca della revoca lo fa rinascere, ma bisognerà provarne contenuto e data. Ancora diverso il ritiro di un testamento segreto: se la scheda ha tutti i requisiti dell’olografo, l’atto non è revocato; se manca qualcosa, servirà un nuovo deposito notarile.


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