Si può diseredare un erede? Ecco cosa devi sapere sulla legge italiana
- sofiazanelotti
- 6 ago
- Tempo di lettura: 3 min
Può capitare a chiunque di domandarsi se un testatore possa escludere qualcuno dalla propria successione. La risposta non è immediata, perché il fenomeno della diseredazione non è espressamente disciplinato dal codice civile: tutto ruota, quindi, intorno all’interpretazione delle norme in tema di testamento. Vediamo, con esempi concreti, come stanno davvero le cose.

Che cos’è la diseredazione
Con diseredazione si indica la clausola testamentaria con cui il testatore dichiara di non voler chiamare all’eredità un determinato soggetto (“dei miei tre nipoti, diseredo Primo”). Anche se l’istituto non compare in alcun articolo di legge, nessuna norma ne vieta esplicitamente l’uso. Il riferimento principale rimane l’art. 587 c.c., che definisce il testamento come atto «necessariamente attributivo» (link). Da qui nasce il dibattito: la diseredazione è davvero incompatibile con il carattere “attributivo” del testamento?
Dalla dottrina tradizionale alla Cassazione: la “diseredazione implicita
”Per molto tempo la dottrina ha ritenuto nulla la clausola diseredativa, sostenendo che il testatore, se vuole escludere un erede “di legge”, debba comunque destinare i beni a qualcun altro. La Cassazione, invece, ha spesso salvato queste disposizioni in nome del favor testamenti: secondo la Corte (fra le tante, Cass. 7 febbraio 2003 n. 1869), l’esclusione di Primo implicherebbe la volontà di lasciare l’eredità agli altri nipoti, anche se non espressamente nominati. Nasce così la teoria della diseredazione “implicita”.
La tesi oggi prevalente: clausola valida ma con limiti precisi
La dottrina e la giurisprudenza più recenti concordano sul fatto che la diseredazione sia lecita come disposizione a contenuto negativo, purché non tocchi i legittimari. In altre parole, è perfettamente valida la clausola «dei miei fratelli diseredo Caio», mentre sarebbe nulla quella «dei miei figli diseredo Primo», perché in contrasto con l’art. 457 c.c. (protezione della quota di legittima) e l’art. 549 c.c. (divieto di pesi o condizioni sulla quota riservata) (link art. 457) – (link art. 549).
E se il legittimario viene diseredato?
Una voce minoritaria sostiene che la clausola sia comunque efficace finché il legittimario non la impugna con l’azione di riduzione. Ma la maggior parte degli studiosi distingue nettamente tra:
la diseredazione, dove l’esclusione dipende da una volontà espressa;
la pretermissione, in cui il legittimario resta fuori solo perché il testatore ha destinato tutti i beni a un terzo.
Nel primo caso il legittimario non sarà mai chiamato all’eredità (salvo vittoria in giudizio); nel secondo, invece, potrà succedere se l’erede universale rinuncia o viene meno.
Effetti sui discendenti del diseredato: il ruolo della rappresentazione
La Cassazione equipara la diseredazione all’ipotesi di chiamato che non può o non vuole accettare. Ne consegue che opera la rappresentazione a favore dei discendenti del diseredato. Se Tizio disereda il fratello Sempronio, i figli di Sempronio subentrano al suo posto e concorrono con gli altri fratelli Caio e Mevio.
Mini-caso pratico
Immagina Anna, nubile e senza figli, che ha due sorelle: Lucia e Marta. Nel suo testamento olografo scrive: «Delle mie sorelle, diseredo Marta». Alla morte di Anna, Lucia diventa erede legittima dell’intero patrimonio. Marta è esclusa; i figli di Marta, però, non prendono nulla, perché la rappresentazione non opera tra collaterali di secondo grado. Se Anna avesse diseredato invece un fratello, la situazione sarebbe stata diversa.
Conclusione – Chiedi il parere giusto prima di scrivere (o impugnare) un testamento
La diseredazione è uno strumento possibile ma delicato: basta un dettaglio fuori posto per compromettere l’intera pianificazione ereditaria o, al contrario, per perdere i propri diritti di legittimario.
Se stai pensando di escludere qualcuno dall’eredità – o se sei tu a essere stato escluso – parla con un professionista prima di muovere passi irreversibili.
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