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È possibile un accordo privato sulla rinuncia all’eredità? Cosa dice la legge

  • sofiazanelotti
  • 13 feb
  • Tempo di lettura: 2 min

Benvenuti sul blog di ForLife, lo studio specializzato in successioni ereditarie. Oggi affrontiamo un tema che suscita spesso domande: gli accordi tra privati su una rinuncia all’eredità. È davvero possibile pattuire “privatamente” il ritorno all’eredità di chi ha già rinunciato, magari dopo che un altro chiamato ha accettato? Cerchiamo di capire meglio come funziona la normativa e qual è l’orientamento dei giudici. E se si può fare un accordo di rinuncia.


accordo rinuncia

La rinuncia all’eredità: un atto (in teoria) definitivo

Quando una persona rinuncia all’eredità, la legge cerca di favorire comunque il subentro di altri chiamati, così da evitare che l’eredità resti “in sospeso”.


Per questo, è consentito al rinunciante di “revocare” la propria rinuncia, a patto che l’eredità non sia già stata acquistata da un chiamato in subordine.

In pratica, il rinunciante può ripensarci solo se nel frattempo nessun altro ha accettato.


Le vecchie tesi sulla possibilità di accordi “interni”

Secondo una vecchia sentenza della Corte di Cassazione, i chiamati all’eredità potrebbero sottoscrivere un accordo che, nei loro rapporti interni, deroghi alle regole sulla rinuncia.

Ciò significherebbe consentire al rinunciante di accettare anche dopo che un coerede o un chiamato in subordine ha già preso l’eredità. O

ppure, permettergli di farlo anche dopo la scadenza del termine decennale di prescrizione.


Le critiche: il principio di irrevocabilità dell’accettazione

Un orientamento più recente e maggioritario ritiene che questi accordi siano illegittimi, perché contrari al principio per cui l’accettazione dell’eredità è irrevocabile. Infatti:

  • Una volta accettata, l’eredità non può essere persa da chi l’ha già ricevuta, neanche se tutti i coeredi si dicono d’accordo.

  • Se si consentisse un “ritorno” del rinunciante, si stravolgerebbe la regola di irrevocabilità, creando incertezze e possibili contrasti con l’interesse di terzi (ad esempio, eventuali creditori).


Quando può esserci un contratto “valido” tra gli eredi

Se comunque le parti vogliono trasferire a un ex-rinunciante, o a chiunque altro, i beni dell’eredità, la legge non lo vieta.


Ciò non avviene però con la “revoca della rinuncia”, bensì attraverso:

  • Donazione di eredità, o

  • Vendita (cessione) di eredità ai sensi dell’art. 1542 c.c.


Questo genere di contratti è lecito e produce l’effetto di trasferire le utilità economiche del patrimonio ereditario. Tuttavia, non modifica lo status di erede: chi ha già accettato resterà l’unico “vero” erede, rispondendo di eventuali debiti, mentre il rinunciante acquisirà solo i vantaggi che riceve dalla donazione o dalla vendita.


Conclusioni: l’importanza di una consulenza professionale

In definitiva, la legge non ammette accordi che consentano al rinunciante di “tornare” erede dopo l’accettazione di qualcun altro o oltre i termini di prescrizione. L’unico modo per far entrare il rinunciante nella disposizione dei beni è un contratto di donazione o cessione dell’eredità da parte di chi già l’ha acquisita.


Lo Studio ForLife, specializzato in successioni ereditarie, offre:

  • Analisi personalizzata di ogni situazione, per verificare le possibilità di organizzare al meglio la successione.

  • Redazione e assistenza per gli atti di cessione o donazione di eredità, nel rispetto delle regole civilistiche.

  • Tutela completa degli interessi di tutti coloro che partecipano alla successione.


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