Il testamento può vietare di vendere un bene ereditato?
- sofiazanelotti
- 2 giorni fa
- Tempo di lettura: 3 min
È valido un testamento che vieta la vendita di un bene ereditato? La domanda potrebbe sembrare curiosa, ma capita più spesso di quanto si creda. Alcuni testatori, infatti, desiderano che certi beni non vengano alienati, ovvero venduti o ceduti, nemmeno dopo la loro morte.
È il caso, ad esempio, di chi lascia in eredità la casa di famiglia, specificando che non dovrà mai essere venduta, oppure di chi vuole impedire che le quote di una società vadano a finire in mani estranee alla famiglia. Ma è davvero possibile imporre questo tipo di vincolo? Vediamolo insieme.

Cos'è il divieto testamentario di alienazione
Il divieto testamentario di alienazione è una clausola con cui il testatore impedisce agli eredi o ai legatari di vendere o cedere il bene ricevuto. A volte il divieto si estende anche alla possibilità di costituire diritti reali minori, come l’usufrutto o il diritto d’uso.
Per esempio, una clausola potrebbe suonare così:
«Lascio a Caio il terreno in località Tuscolano, ma gli vieto espressamente di venderlo o di concederlo in uso a terzi».
La validità è discussa: tre teorie a confronto
Nel mondo giuridico, la validità di un divieto testamentario di questo tipo è tutt’altro che pacifica. Vediamo le tre principali posizioni.
1. Tesi della nullità assoluta
Secondo una prima corrente, un simile divieto è nullo, perché assimilabile a una sostituzione fedecommissaria vietata dall’art. 692 c.c. In sostanza, vietare la vendita equivale a imporre all’erede di conservare il bene a vita, per poi trasmetterlo a sua volta a qualcun altro: uno schema che il nostro ordinamento vieta, salvo casi particolari (come la tutela di minori gravemente infermi).
In più, il divieto perpetuo di vendere sarebbe contrario all’ordine pubblico, perché limita eccessivamente la libera circolazione dei beni, che è un principio cardine della nostra economia.
2. Tesi intermedia: sì, ma con limiti
Una seconda teoria ammette il divieto, purché temporaneo e motivato. Si richiama in questo caso l’art. 1379 c.c., che in ambito contrattuale consente di vietare l’alienazione solo se:
contenuto entro limiti di tempo ragionevoli, e
giustificato da un interesse apprezzabile.
Applicando per analogia questo principio al testamento, si potrebbe ritenere valido, ad esempio, un divieto di vendere una casa per cinque anni dopo la morte del testatore, perché legata a ricordi familiari.
Il limite temporale evita che la clausola si trasformi in un blocco eterno, garantendo un equilibrio tra la volontà del defunto e la libertà degli eredi.
3. Tesi liberale: libertà assoluta del testatore
Infine, una terza posizione ritiene che il testatore possa liberamente vietare la vendita, salvo il caso in cui lo faccia per motivi illeciti o contrari alla morale (come punire un erede o impedirgli arbitrariamente di usare il bene).
Il principio guida qui è la massima libertà testamentaria: se l’erede non è d’accordo con il divieto, può semplicemente rinunciare all’eredità. In fondo, l’accettazione dell’eredità implica anche l’accettazione degli oneri.
A cosa serve un divieto del genere?
Chi inserisce un divieto testamentario di alienazione lo fa spesso per ragioni patrimoniali o morali.
C’è chi vuole mantenere l’unità di una proprietà di famiglia, chi intende conservare le quote societarie all’interno di un gruppo ristretto, chi desidera evitare che una casa storica venga venduta a estranei.
Un esempio concreto: Tizio lascia ai suoi quattro figli le quote della sua s.r.l., prevedendo che non possano essere vendute per i successivi cinque anni. Se uno dei figli le cede comunque a un fratello, violando il divieto, la vendita sarà valida, ma gli altri potranno chiedere il risarcimento del danno subito per la violazione del patto.
Cosa succede se il divieto viene ignorato
Il divieto testamentario di alienazione non ha efficacia assoluta: chi compra il bene da un erede che viola la clausola diventa comunque proprietario.
Tuttavia, l’erede inadempiente potrà essere chiamato a risarcire gli altri beneficiari che abbiano un interesse diretto alla conservazione del bene. Si tratta quindi di un vincolo più “morale” che reale, ma comunque dotato di effetti giuridici rilevanti.
Conclusione
Il divieto testamentario di alienazione è una clausola delicata ma potenzialmente utile, se utilizzata con misura e motivazione. Serve a proteggere beni cari, valori familiari o equilibri societari, ma va usata con consapevolezza dei limiti legali.
Se stai pensando di inserirne uno nel tuo testamento, o sei chiamato a gestire un’eredità con clausole particolari, evita il fai da te: una parola di troppo può rendere inefficace l’intera volontà testamentaria.
Contatta gli esperti di ForLife: ti aiuteremo a scrivere, interpretare o contestare le disposizioni testamentarie con precisione e tutela piena dei tuoi interessi. Prenota ora una consulenza e visita il nostro sito www.forlifesrl.com
Comments