Che cos’è la quota di legittima e perché è intoccabile?
- sofiazanelotti
- 1 ago
- Tempo di lettura: 2 min
Quando una persona redige un testamento, immagina di poter disporre liberamente di ogni bene. In realtà, la successione necessaria introduce una robusta protezione per i parenti più stretti: coniuge o unito civilmente, figli e, in mancanza di questi, ascendenti.
Questi soggetti – chiamati legittimari – hanno diritto a una fetta minima del patrimonio, detta quota di legittima, che la legge considera “sacra”.

La successione necessaria: un ombrello che il testatore non può chiudere
L’art. 457, comma 3, del Codice civile lo dice senza mezzi termini: le disposizioni testamentarie non possono “pregiudicare i diritti che la legge riserva ai legittimari”.
Se il testamento o una donazione eccedono il consentito, la legge offre lo scudo dell’azione di riduzione.
Intangibilità sì, ma di valore: la differenza tra quantità e qualità
Spesso si pensa che il figlio o il coniuge abbiano diritto a partecipare a tutti i beni del defunto. Non è così. Il nostro ordinamento tutela soltanto l’intangibilità quantitativa: conta il valore complessivo che ciascun legittimario deve ricevere, non la natura dei singoli beni.
Immaginiamo una figlia, Lucia, che ricorre all’azione di riduzione.
Prima di bussare al giudice, dovrà “mettere nel conto” eventuali donazioni o legati che il genitore le abbia già fatto in vita (art. 564 c.c.). Quelle liberalità, infatti, si presumono un anticipo della legittima: se coprono interamente la sua quota, la pretesa si ferma lì.
Il testatore resta libero… entro binari stretti
La libertà di chi fa testamento non scompare: può comporre la quota di ciascun legittimario con i beni che preferisce, purché il loro valore complessivo sia congruo.
Potrà quindi lasciare:
una quota ideale (per esempio, il 33 %) di tutti i beni, da dividere in un secondo momento;
oppure uno o più beni ben individuati, purché il loro valore arrivi a coprire il dovuto.
Quel che non può fare è “sistemare” i legittimari con beni altrui: la legge pretende che la quota provenga dal patrimonio ereditario. Se Tizio possiede soltanto due immobili del valore di 200.000 € e 400.000 €, non può attribuire il primo al suo amico Filano e scaricare su un figlio l’obbligo di compensare il fratello con denaro proprio.
La divisione deve avvenire in natura con i beni del de cuius.
Lo scudo dell’azione di riduzione
Se, nonostante questi limiti, il testamento o le donazioni ledono la riserva, il legittimario può citare beneficiari e donatari in giudizio con l’azione di riduzione (artt. 553 ss. c.c.). In caso di vittoria, il bene contestato rientra in massa e viene riallocato nel rispetto delle quote.
L’azione è un’arma potente ma da maneggiare entro termini precisi (dieci anni dall’apertura della successione): chi la impugna tardi rischia di perdere ogni diritto.
Conclusione: difendere i legittimari, pianificare con criterio
La quota di legittima è un caposaldo dell’ordinamento: garantisce equilibrio tra l’autonomia del testatore e la tutela della famiglia. Per chi vuole pianificare il passaggio generazionale senza sorprese (o per chi teme di esser leso nei propri diritti), conoscere regole e limiti è essenziale.
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